La Casa d'Italia (1930-1949 circa)

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Foto di gruppo della comunità di Shanghai in cui compaiono l’Ambasciatore F.M. Taliani de Marchio (prima fila, terzo da sinistra), Il Console generale Gennaro Pagano di Melito (prima fila, quarto da sinistra) ed Emilio Bettini (ultima fila, quarto da sinistra).




Fonte: Emilio Bettini, La Cina dai trattati ineguali vista in prima persona (ricordi diplomatici), Bologna, Alfa-beta, 1994.
La Casa d’Italia situata in Rue Maresca n. 285, sorta nella zona della Concessione francese nel 1930, è un ritrovo importante per la comunità italiana di Shanghai, durante tutto il decennio degli anni Trenta; in questa sede nasce l’idea e la realizzazione della rivista Marco Polo, qui si riuniscono i membri più importanti della comunità per le diverse attività culturali, non solo coloro che collaborano con articoli, ma lo stesso Direttore Responsabile, Giulio Costantini ne è parte attiva.


Vi si tengono corsi di lingua e cultura italiana per stranieri, a cura di Cesare Galimberti e Giorgio Borea Regoli, entrambi attivi collaboratori della rivista, ed insegnanti volontari; l’iniziativa è sostenuta dal Ministero per la Cultura Popolare, che fornisce il materiale didattico.

E' luogo di iniziative di elevato livello: il 9 giugno 1939 si apre la “Fiera del libro”, un’esposizione di oltre un migliaio di libri, rivolta a tutto il Settlement internazionale di Shanghai. Questa manifestazione è un momento importante per riunire i membri più influenti della comunità, promuovendo la cultura italiana. In occasione dell’inaugurazione, il Dott. Giulio Costantini tiene una conferenza sullo scrittore, Accademico d’Italia, Alfredo Panzini. A seguire, il Maestro Mario Paci dirige il “Concerto Grosso” di Corelli Gemignani La Follia, eseguito dall’Orchestra Municipale di Shanghai. Alla manifestazione intervengono le più alte cariche rappresentative: il Marchese F. M. Taliani de Marchio, Ambasciatore a Shanghai, Luigi Neyrone, Console Generale e il Duca G. Catalano Gonzaga di Cirella, Comandante Capo delle Forze Italiane nell’Estremo Oriente. La notizia di questa manifestazione è riportata da diversi quotidiani della stampa internazionale di Shanghai[1] come il North China Daily News o lo Shanghai Times, che intrattenevano buoni rapporti con l’Italia e prestavano articoli per la propaganda culturale italiana.

Uno sguardo prezioso alla comunità viene offerto dalla rubrica del Marco Polo, “Vita delle comunità italiane in Estremo Oriente”, presente solo nei primi tre numeri. La rubrica richiede una  difficile coordinazione dei vari addetti stampa: si riportano le cerimonie, gli avvenimenti più significativi e le attività che venivano organizzate dagli italiani residenti in Giappone, a Tianjin, a Shanghai, a Pechino e nelle Filippine. Sono soprattutto occasioni ufficiali, in cui le rappresentanze hanno il compito di fornire un’immagine forte e presente dell’Italia. Tuttavia, per quanto riguarda Shanghai, queste notizie sono utili per capire la partecipazione e l’impegno che venivano messi nel far sentire più unita la comunità. Nel novembre del 1939 [2], si annunciano le attività della colonia italiana: “Anche quest’anno sono stati ripresi alla Casa d’Italia i lunedì delle Donne Fasciste con la partecipazione di molte signore italiane. Le esercitazioni di scherma continuano sempre negli stessi locali rimanendo lo sport invernale preferito da molti connazionali. I corsi di lingua italiana iniziatisi pochi giorni or sono hanno richiamato anche quest’anno un considerevole numero di stranieri desiderosi d’imparare la nostra lingua o di migliorarne la loro conoscenza.”

A sostegno dello stretto legame tra la Casa d’Italia e la stampa del Marco Polo, si può individuare la sede della Direzione e dell’Amministrazione della rivista: per i primi tre numeri (dall’agosto 1939 al febbraio 1940) coincide con l’ubicazione della Casa d’Italia.

Seguendo le tracce lasciate dalla rivista, vediamo che la Direzione si sposta, forse per cercare un luogo adatto dopo la vendita della Casa d’Italia nel maggio 1940, dapprima in Hong Kong Road n. 117 (maggio 1940) e successivamente, dal settembre 1940 al luglio 1941 in Bubbling Well Road n. 555. Questa era la sede dell’Ambasciata italiana a Shanghai (spostata da Nanchino proprio a Shanghai a causa degli eventi bellici), situata a nord della Concessione francese, in un quartiere molto signorile, confinava con il terreno del nuovo centro culturale italiano. La nuova sede della Casa d’Italia viene inaugurata nell’aprile del 1941 in Great Western Road, in zona extra settlement a ridosso della Concessione francese, e dall’ottobre 1941, fino all’ultima stampa, nel luglio 1943, ritroviamo la sede del Marco Polo in quella stessa via.[3]

L’edificio in Rue Maresca, già nel 1938, necessitava di manutenzione; lo stesso R. Console Generale Neyrone lamenta in un telegramma del 14 ottobre [4]: “Edificio di questa Casa d’Italia, costruito nel 1930 con mezzi insufficienti, trovasi ora in condizioni tali da sconsigliare ulteriori spese di manutenzione.” Il Console sottolinea che l’ubicazione della struttura è inadatta per le nuove necessità della comunità italiana, come la creazione di una scuola elementare, o eventuali manovre difensive delle forze armate. In un primo momento le erano stati destinati dei fondi per il restauro, poi accantonati per contribuire alla formazione di un Istituto italiano di cultura, la somma stanziata ammontava a 40.000 dollari americani. Neyrone suggerisce di utilizzare tale somma per l’acquisto di un diverso terreno e la costruzione di un nuovo edificio.




Nel febbraio del 1939 il Console comunica al Ministero degli Affari Esteri che una speciale commissione da lui nominata ha elaborato un progetto tecnico per la costruzione della nuova Casa d’Italia, con annessi locali destinati all’uso delle scuole elementari. Il progetto contempla l’acquisto di un terreno in una zona demaniale extra settlement che, a parere delle autorità italiane, sembra particolarmente adatto, e che il proprietario intende vendere per una somma di 25.000 dollari americani. Vista l’ottima offerta, Neyrone chiede l’autorizzazione a prelevare tale somma dal fondo destinato alla costruzione di un Istituto di cultura italiano, per poter procedere all’acquisto, autorizzazione che viene concessa pochi giorni dopo. Con il telegramma del 12 dicembre dello stesso anno [5], il Conte Ciano  (allora Ministro degli Affari Esteri) ne autorizza la costruzione.

Il progetto prevede la realizzazione, non solo di un centro culturale, ma anche di un ospedale italiano, al fine di fornire un servizio assistenziale medico. Il Maggiore Medico Del Fattore era giunto in Cina il 27 novembre 1938 per studiare la possibilità di costruire nella Cina del nord un ospedale e per trovare il miglior modo di coordinare e potenziare il servizio di assistenza sanitaria, in relazione ai bisogni delle missioni religiose.

Contribuisce al progetto del nuovo centro italiano a Shanghai, ampliandolo e trovando spazio per la costruzione di un ospedale, con l’approvazione dell’Ambasciatore Taliani. Tuttavia il progetto si rivela troppo ambizioso per l’epoca, infatti le spese per la costruzione di due edifici non avrebbero permesso altre iniziative. Si può contare sul fondo di 40.000 dollari, ma si autorizza a procedere solo all’acquisto del terreno necessario per la costruzione della Casa d’Italia, e si rinvia ad un momento più favorevole il completamento dell’intero centro assistenziale Ciano intende procedere gradualmente alla sua realizzazione.

All’inizio del 1940 il Consolato italiano, dopo una lunga contrattazione con la Municipalità della Concessione internazionale di Shanghai, arriva ad una somma di 900.000 dollari cinesi (1.500.000 lire dell’epoca) per l’acquisizione di un terreno di 25 mu[6]. Il Ministro Ciano autorizza a prelevare la somma richiesta dal fondo di 40.000 dollari americani stanziato per il centro. Il 26 febbraio viene firmato il contratto di acquisto per il terreno destinato al centro italiano a Shanghai.

Dopo l’acquisto del terreno, il Neyrone porta avanti delle trattative per l’acquisto di un'ulteriore striscia di terreno, che eliminerebbe degli inconvenienti  e si assicurerebbe una porzione di territorio più amplia per l’intero complesso. La spesa prevista da Taliani ammonta a 250.000 lire italiane. Il Ministero obietta sostenendo che il terreno già acquistato è sufficiente, ma Taliani precisa[7]: “Trattative iniziate da Neyrone non hanno naturalmente carattere impegnativo, ma quello di prevenire eventuale manovra di speculatori. Lingua terreno infatti coperta misere casupole cinesi costituirebbe vicinanza dannosa dal punto di vista sociale e igienico per il centro italiano. In esso incorporata renderebbe invece il tutto più arioso e armonico”. Successivamente, in data 7 agosto 1940, Taliani riporta la sospensione delle trattative per l’acquisto del terreno aggiuntivo, in seguito alle sempre maggiori pretese del proprietario cinese.

La sede ed il terreno della precedente Casa d’Italia, sita nella Concessione francese (Rue Maresca), vengono venduti nel maggio del 1940 alla Società protezione animali, per una somma di 10.000 dollari americani. Le condizioni sono particolarmente favorevoli, in quanto la Società disporrà dell’edificio ad un anno dal pagamento, il Ministero ne autorizza la vendita.

Evidentemente dopo l’acquisto del terreno e l’autorizzazione a costruire, si cominciano a vagliare diversi progetti. Quello dell’Ing. Paolo Chelazzi, presentato nel giugno del 1940, sembra essere il più completo, perché allega il progetto di ripartizione del terreno[8], indicando i vari lotti del terreno da destinarsi alla Casa d’Italia, alla Scuola e alle future costruzioni: l’Ospedale e la Chiesa, che completerebbero il Centro Italiano. L’Ing. Chelazzi propone due diverse soluzioni: la prima, prevede la Casa d’Italia e la Scuola in un solo edificio, limitando ad un minimo l’area fabbricata e centralizzando i servizi. La palestra verrebbe collocata al terzo piano, accessibile sia dall’interno, sia dal piano della Scuola, attraverso un’entrata separata. Nel caso la lingua di terreno (indicata nella foto come zona A) non venisse acquistata, questa soluzione permetterebbe di sfruttare al meglio l’area disponibile per i campi sportivi. La seconda, è sostanzialmente uguale alla prima, ma prevedendo un futuro allargamento dell’area, grazie all’acquisto della zona A, omette la costruzione di un terzo piano e sistema la Scuola in un edificio separato. L’Ingegnere allega anche il progetto della Scuola.

Neyrone indubbiamente predilige la seconda soluzione, anche se all’epoca le trattative per l’acquisizione della zona A si erano interrotte. Suggerisce, comunque, di portare a compimento la sola Casa d’Italia, in questo modo non si pregiudicherebbe la futura costruzione dell’edificio indipendente della Scuola. La costruzione della Casa d’Italia ha assoluta priorità, dovrà essere pronta entro il 23 maggio 1941, data che nel contratto di vendita stabilisce la cessione dell’attuale edificio. Riguardo i finanziamenti necessari, Neyrone così spiega la situazione[9]: “Per quanto riguarda l’onere finanziario connesso con la realizzazione del progetto, non è possibile determinare delle cifre esatte perché, data l’instabilità del mercato, non si possono ottenere da parte di appaltatori delle offerte impegnative per il futuro.” L’incertezza del mercato porta a calcolare dei preventivi che non hanno validità nel tempo, Neyrone calcola che la spesa approssimativa per la costruzione della Casa d’Italia (senza la scuola annessa) è auspicabile intorno ai 57.600 dollari americani. Non si hanno più notizie riguardo il progetto finale.

A Roma si fanno delle indagini sulla natura degli accordi presi da Neyrone e Chelazzi, si ritiene che l’ingegnere chieda un compenso troppo alto (2.944 dollari americani, poi ridotti a 2.800), ma Taliani e Neyrone ne prendono le difese, facendo presente le difficilissime condizioni finanziarie in cui viveva l’Ing. Chelazzi.[10]

La nuova Casa d’Italia viene inaugurata il 20 aprile 1941, e contemporaneamente viene aperta la prima stazione radiofonica italiana, X.I.R.S. La stazione radiofonica è realizzata grazie a fondi raccolti dalla comunità, ha una potenza di mezzo chilowatt e trasmette su onda di 25,02 metri. Le trasmissioni coprono tutta la Cina, gran parte della costa del Pacifico e alcune isole dei mari del Sud. Venivano trasmessi notiziari in lingua cinese, in lingua tedesca, in lingua inglese ed in italiano. Il progetto è fortemente voluto dall’Ambasciatore Taliani. Il discorso[11] di Taliani all’inaugurazione pone l’accento sullo strumento di propaganda, sulla diffusione della radio, sul potere di unione che ha la radio per tutti gli italiani che risiedono in Cina. Rientra nel suo vasto programma sia la creazione della stazione radiofonica, sia i cicli di conferenze organizzate nella nuova sede della Casa d’Italia; in un telegramma[12] del 25 marzo 1942 sottolinea il suo impegno nella propaganda a favore delle forze armate italiane: ”A Shanghai, che rimane il massimo centro di propaganda vengono contemporaneamente diffuse edizioni giornaliere della Stefani in inglese; nella Cina del nord l’Agenzia Radio da noi opportunamente creata diffonde bollettini quotidiani in italiano, inglese e cinese. Fra le classi colte cerchiamo di penetrare con la nostra rassegna Marco Polo di carattere letterario ma anche politico”.

Il Console generale Pagano di Melito in un telegramma[13] del giugno 1942 descrive così il nuovo complesso della Casa d’Italia: “Successivamente fu iniziata e condotta a termine, su terreno demaniale extra settlement , costruzione resasi indispensabile, di nuovi edifici da adibire sede Fascio e G.I.F.U. Fu necessario come prima cosa bonificare, spianare e sollevare di oltre un metro terreno demaniale divenuto una vasta distesa acquitrinosa, impraticabile per alcun uso sociale. Fu costruiti inoltre sempre su suddetto terreno grande palestra Galeazzo Ciano centro di tutte le attività sociali, artistiche e sportive della colonia italiana opera in tutto degna nome italiano. La sola palestra costruita in cemento armato e rifinita a regola d’arte è oggi valutata oltre 2.000.000 dollari di Nanchino. Oltre suddetta costruzione su terreno demaniale hanno trovato posto quattro campi tennis su terra battuta, otto su prato, giochi di bocce, palla a volo, o palla canestro, vasto recinto con giochi per bambini, ecc… Per tale complesso di costruzioni il valore del terreno demaniale bonificato è ora più che quadruplicato. Annessi alla palestra G. Ciano sono i locali della stazione radio italiana trasmittente su onde corte e lunghe e quelle dell’Agenzia Stefani che occupa uno dei primissimi posti fra le Agenzie giornalistiche di Shanghai grazie anche alla sua ubicazione centrale e al decoro della sua sede. I locali per tale opera di propaganda hanno aumentato di oltre 50.000 dollari il prezzo x la costruzione della palestra G. Ciano.” La nuova struttura continua ad essere il punto di ritrovo dell’intera comunità italiana a Shanghai, che in pochi anni, verrà completamente sconvolta dagli eventi.







[1] ASDMAE, Serie Affari Politici, Cina 1931-45, B 81
[2] “Vita delle comunità italiane in Estremo Oriente”, Marco Polo, 2 (1939), p. 156
[3] Vedere mappa di Shanghai in Appendice figura n. 2
[4] ASDMAE, Serie Affari Politici, Cina 1931-45, B 89
[5] Ibidem.
[6] Un mu equivale a circa 0,0667 ettari. Il terreno si estendeva per più di un ettaro e mezzo.
[7] Ibidem.
[8] Vedere Appendice, figura n. 5
[9] Ibidem. Progetto dell’Ing. Chelazzi presentato dal C.te Neyrone.
[10] Ibidem.
[11] Ibidem.
[12] ASDMAE, Serie Affari Politici, Cina 1931-45, B 87
[13] ASDMAE, Serie Affari Politici, Cina 1931-45, B 89

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